Lupus e gravidanza, visione olistica.

Secondo la Naturopatia e l’igienismo,  Il lupus non è altro che la manifestazione esteriore di una grave intossicazione interna. La malattia vera non sta nelle chiazze rosse e nei dolori agli arti, ma sta tutta nei veleni chimici depositati all’interno, negli acidi urici, nelle cadaverine, nei minerali inorganici. E sta anche nel sangue denso, nelle digestioni problematiche e nella stitichezza, tutte cose che producono infiammazioni intestinali, congestioni sanguigne, irritazioni e processi infiammatori dislocati dovunque arriva il sangue lipo-tossico,

Ripulitura generale e rivitalizzazione sono la base per riconquistare l’equilibrio perduto

Una persona viva è sempre in grado di guarire e di ridare a se stessa la normalità. A condizione di usare il cuore e il cervello, ma anche la

fiducia e la pazienza. Occorre ripulire urgentemente il sangue, ridando così funzionalità a tutti gli organi, a tutti i sistemi interni (digestivo, immunitario, epiteliale, ghiandolare, nervoso centrale e neurovegetativo). Per disinfiammare il corpo serve massiccio e progressivo ricorso all’acqua biologica che sta nelle verdure crude e nella frutta, dotate pure degli effetti rivitalizzanti di cui un corpo indebolito ed intossicato ha estremo bisogno. L’origine della malattia è sempre la stessa, escludendo ovviamente incidenti e traumi emotivi. Ma anche in quel caso occorre dire che lo shock emozionale, quello su cui basa ogni attenzione il dr Hamer e la sua Nuova Scuola Medica Tedesca, può sì diventare determinante, e causare collassi e disastri indipendentemente dai cibi che una persona mangia e dalle antiche porcherie depositate dentro di sé, ma l’intensità dei suoi effetti critici sarà sicuramente minore e superabile in un corpo pulito, mentre diventerà drammatica in coloro che stanno già boccheggiando per il proprio esagerato livello tossiemico.

(In parte tratto dai testi di : Valdo Vaccaro – Direzione Tecnica AVA-Roma e ABIN-Bergamo)

La Riflessologia Plantare in primis quale pratica olistica si preoccupa di disintossicare l’intero organismo  agendo sui principali organi emuntori fegato, intestino,pelle, polmoni e reni; ed i benefici di un organismo ripulito e nuovamente  attivo sono testimoniati da chiunque si sia sottoposto ad una serie di trattamenti riflessogeni.

Generalmente con il semplice termine di Lupus ci si riferisce al Lupus eritematoso sistemico, nonostante esistano altre patologie che comprendono lo stesso nome (per esempio Lupus anticoagulante o sindrome da antifosfolipidi).

Il Lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia cronica rara di natura autoimmune, che può colpire diversi organi e tessuti del corpo. Autoimmune significa che c’è una disfunzione del sistema immunitario che, invece di proteggere il corpo da virus, batteri e agenti estranei, produce autoanticorpi che aggrediscono i propri componenti.

Il LES è classificato come malattia reumatica.

La malattia non sembra essere ereditaria (anche se vi sono indizi a proposito di una certa familiarità) e non è assolutamente trasmissibile da uomo a uomo. Tutt’oggi non si conoscono le cause specifiche del LES, anche se ci sono alcuni punti fermi: predisposizione genetica in primis (non sono rari i casi di più soggetti affetti da LES nello stesso nucleo familiare), fattori ambientali (molto probabilmente: raggi ultravioletti artificiali tramite lampade abbronzanti, esposizione al sole, infezioni da virus o batteri, stress, alcuni medicinali, ecc.), età in cui sono in atto modifiche ormonali (pubertà, gravidanza, menopausa, ecc

La malattia può manifestarsi con dolori alle articolazioni, affaticamento anomalo, febbre, vomiti, manifestazioni cutanee, perdita di capelli, ulcere alle mani, anemia, tendiniti, pleuriti, nefriti, pericarditi, endocarditi, ma il fattore più indicativo è la sistemicità di questi sintomi, cioè colpiscono diversi organi contemporaneamente.

C’è da dire, comunque, che i sintomi, nonché l’andamento della malattia, possono cambiare anche di molto da soggetto a soggetto. La malattia può manifestarsi con svariate sfumature diverse, e infatti è conosciuta anche come la malattia dai mille volti.

Devono essere presenti almeno 4 degli 11 sintomi, simultaneamente o consequenzialmente in due separate verifiche (nonostante la costante attenzione dedicata al perfezionamento dei criteri diagnostici, sono presenti individui che manifestano Lupus non rispettando questa regola).

Come è noto il lupus sistemico è malattia che colpisce soprattutto soggetti di sesso femminile (rapporto femmine / maschi 9/1) ed insorge prevalentemente in una fascia di età compresa tra i 15 e i 55 anni. D’altra parte, il lupus è una malattia cronica che oggi fortunatamente, grazie ai progressi raggiunti nella gestione clinico – terapeutica, vanta percentuali di sopravvivenza discretamente elevata (95% a dieci anni). Pertanto è comprensibile che il problema della gravidanza ricorra frequentemente nel quotidiano dei medici che in specifico si occupano della gestione di pazienti affetti da tale forma. Le prime osservazioni di significative complicanze materne in gravidanza e di esito gestazionale seriamente compromesso, avevano portato, in un passato non poi così lontano, a sconsigliare categoricamente le pazienti ad intraprendere una gravidanza o, al limite, qualora questa fosse già in corso, a consigliare un aborto definito come “terapeutico”.
Tuttavia, probabilmente proprio la frequenza con cui ci si doveva confrontare con questa situazione, ha portato, attraverso analisi ripetute, a modificare radicalmente l’atteggiamento e a focalizzare gli elementi, tra i tanti che caratterizzano la malattia, che potessero condizionare da un lato la salute materna, dall’altro la progressione e lo sviluppo della gravidanza stessa.
Scopo di questa breve rassegna è la valutazione dell’influenza della malattia lupica sull’esito della gravidanza e la focalizzazione dei meccanismi patogenetici vero similmente implicati nel verificarsi delle complicanze. La utilità di una analisi di questo genere è legata da un lato alla possibilità di chiarire alle pazienti gli eventuali problemi che la malattia potrebbe causare al normale sviluppo della gravidanza, e, dall’altro, a modulare il trattamento e il monitoraggio applicato al singolo caso in relazione ai “fattori di rischio” per la gravidanza di cui la paziente risulta portatrice.

Esito della gravidanza nelle pazienti con lupus

Nell’ambito del lupus sistemico, esiste un accordo di fondo nel ritenere che in generale l’outcome fetale sia influenzato dalla malattia. In effetti la frequenza delle perdite fetali riportate da vari Autori nelle pazienti lupiche varia dall’11 al 24%, risultando pertanto comunque più alta di quella della popolazione sana. Oltre alle perdite fetali, che includono gli aborti spontanei (prima della 10^ settimana di gestazione) e le morti endouterine del feto (dopo la 10^ settimana di gestazione), sono segnalate, nelle gravidanze da pazienti con lupus, altre patologie che fortunatamente non esitano necessariamente nella perdita del feto, anche se talvolta possono esserne la causa. In primo luogo le nascite pretermine che vengono segnalate con una significativa frequenza (24-59%). Si considerano pretermine i parti avvenuti prima della 37^ settimana di gestazione. Tuttavia, oggi, grazie allo sviluppo della terapia intensiva neonatale, si può considerare che parti avvenuti dopo la 34^ settimane di gestazione abbiano una prognosi discreta, pertanto si tende a considerare come prematurità severa soltanto quella di neonati nati prima della 34^ settimana di gestazione. Oltre alla prematurità, taluni Autori riportano come estremamente frequente nelle gravidanze di pazienti con lupus sistemico, anche il ritardo di cresciata intrauterino (IUGR). Si tratta di una complicanza relativamente rara nelle donne sane (3%-7%), la cui causa viene fatta risalire ad una insufficienza utero-placentare. Infine, nell’ambito delle complicanze legate al lupus è stato per molto tempo considerato anche il lupus neonatale, una rara evenienza che si verifica nei neonati da madre portatrice di anticorpi anti Ro/SS-A, indipendentemente dal fatto che questa sia o meno affetta da lupus.
Fortunatamente comunque, i dati recenti sull’esito gestazionale delle pazienti con lupus sistemico testimoniano che gli eventi infausti si verificano oggi solo in una percentuale molto ridotta di casi , verosimilmente per l’attenzione con cui queste gravidanze vengono seguite e monitorate in un sistematico approccio multidisciplinare che impiega a tempo pieno una equipe composta non solo da reumatologi o immunologi, ma anche da ostetrici e neonatologi.

Fattori che condizionano l’esito gestazionale nel lupus

Naturalmente la migliore gestione specialistica è contemporaneamente causa ed effetto della individuazione delle problematiche legate alla patogenesi dell’esito sfavorevole della gravidanza nelle pazienti con lupus.
Uno dei fattori che apparentemente influenzano l’esito gestazionale nel lupus è la attività della malattia. In effetti è noto il numero elevato di perdite fetali che viene osservato quando la malattia esordisce in concomitanza con la gravidanza . Tuttavia, non risulta del tutto chiaro se il danno sia causato dalla malattia in fase di attività o da taluni fattori ad essa associati. Per esempio le pazienti con malattia in fase attiva necessitano di una dose di corticosteroidi maggiore. In effetti è noto come i corticosteroidi,soprattutto ad alte dosi, possano favorire parti pre termine, attraverso una precoce rottura delle membrane, o anche è noto come possano facilitare talune complicanze materne, come la pre eclampsia, che rendono necessaria la interruzione della gestazione. In ogni caso, la prognosi fetale appare particolarmente compromessa nei casi di lupus con glomerulonefrite attiva specie se la funzione renale risulta ridotta (creatinina sierica >1.6). E’ quindi consigliabile, per il miglioramento della prognosi fetale, che le pazienti siano indirizzate ad intraprendere la gravidanza quando la malattia è in stato di buon controllo.
Come è noto, il lupus sistemico è una malattia immunomediata, caratterizzata dalla presenza di numerosi autoanticorpi, che sono in larga misura responsabili dei processi patologici della malattia. Tra questi autoanticorpi gli anticorpi antifosfolipidi presenti in una percentuale di pazienti con lupus compresa tra il 20 e l’80%, sono stati descritti come i predittori più significativi dell’esito infausto della gravidanza. E’ significativo che questo dato, inizialmente rilevato dalla osservazione di casistiche di pazienti con lupus, sia stato ampiamente confermato dalla osservazione di modelli animali ottenuti sia in topi lupus prone che in animali sani. In effetti, gli anticorpi antifosfolipidi sono responsabili di uno stato trombofilico basale, che può complicare la prognosi materna ma soprattutto sono apparentemente responsabili di un danno diretto sull’impianto e lo sviluppo del trofoblasto che può portare ad un alterato sviluppo della placenta con le prevedibili conseguenze sulla crescita del feto. Negli ultimi 15 anni, come è noto, è stata descritta, nel lupus e al di fuori del lupus, la sindrome da antifosfolipidi, caratterizzata dalla associazione di trombosi (arteriose o venose) o aborti ripetuti ed anticorpi antifosfolipidi. Tra le più fortunate conseguenze dell’approfondimento delle conoscenze di questa situazione, c’è la focalizzazione di una politica di monitoraggio e trattamento di pazienti gravide affette da questa sindrome, nell’ambito del lupus o senza altra patologia associata (primarie), con radicale miglioramento della prognosi ostetrica.
Un analogo discorso, anche se con conseguenze completamente diverse è quello legato alla presenza nella paziente con lupus degli anticorpi anti Ro/SS-A. Anche in questo caso si tratta di autoanticorpi presenti in una elevata percentuale di pazienti con questa patologia (30-50%), il cui passaggio transplacentare è legato al manifestarsi di complicaze per il feto ed il neonato. In effetti basandosi su dati di patologia umana e su modelli animali è stata chiarita la responsabilità di questi anticorpi nel causare la sindrome del lupus neonatale, caratterizzata dal verificarsi di manifestazioni transitorie quali rush cutaneo fotosensibile, epatopatia colestatica, citopenie e della temuta manifestazione permanente del blocco cardiaco congenito. Il blocco cardiaco congenito, la cui diagnosi può essere fatta in utero, tramite ecocardiografia fetale a circa 18 settimane di gestazione, si manifesta comunque in solo in una piccola percentuale di figli di pazienti con anticorpi anti Ro/SS-A, facendo ipotizzare che, unitamente agli anticorpi, entrino in giuoco altri fattori patogenetici a oggi non completamente chiariti.

Il miglioramento dell’esito gestazionale nel lupus

Come si è detto, oggi la prognosi ostetrica delle pazienti con lupus è decisamente migliorata. In effetti è diventata pratica corrente continuare in gravidanza un trattamento, che pur effettuato con farmaci non dannosi per il feto, garantisca il controllo della malattia.
Tuttavia, è indubitabile che una larga parte dei successi ottenuti in questo settore dipendano dalla creazione di gruppi di lavoro interdisciplinari dedicati. In effetti, in svariate occasioni è solo la sorveglianza e l’intervento dell’ostetrico che possono mettere termine ad una gestazione quando il feto risulti sofferente. E, d’altra parte, la terapia intensiva neonatale riesce a superare nella larga maggioranza dei casi i problemi, non indifferenti, legati alla prematurità.

Bibliografia

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